Criptovalute: il lancio della sua ICO nel 2017 inguaia Kik, volano gli stracci con la SEC

ICO

Kik, per chi non lo sapesse, è un’applicazione di messaggistica istantanea per smartphone lanciata nel 2017 per mezzo di una raccolta fondi effettuata attraverso token (in pratica una ICO); ne parliamo oggi perché la SEC (acronimo di Securities and Exchange Commission) ha mosso delle accuse abbastanza pesanti contro l’azienda, sostenendo che quell’offerta di token fosse in realtà paragonabile all’emissione di obbligazioni e che gli investitori sarebbero stati raggirati attraverso la promessa di ottenere dei rendimenti dal loro investimento.

ICO rovina Kik

La cosa, comprensibilmente, ha suscitato un certo fastidio in Kik che, infatti, non solo rispedisce al mittente ogni accusa ma entra in aperta polemica con la SEC nel momento in cui, in un deposito giudiziario del 6 Agosto scorso, scrive:

“Se la SEC avesse avuto forti prove del fatto che Kik offriva o prometteva agli acquirenti l’opportunità di trarre profitto dagli sforzi di Kik, come parte di un’impresa comune, avrebbe semplicemente delineato tutti i fatti pertinenti e lasciato che tali fatti parlassero da soli. Al contrario, il reclamo della SEC riflette uno sforzo coerente per distorcere i fatti rimuovendo le citazioni dal loro contesto e travisando i documenti e le testimonianze raccolte nella sua indagine. “

Insomma, seconda Kik non solo il reclamo avanzato dalla SEC non avrebbe ragion d’essere, ma si baserebbe su una volontaria e consapevole intenzione di mistificare le prove raccolte pur di poter imporre le proprie ragioni all’azienda; era comunque noto da mesi che si sarebbe arrivati allo scontro aperto tra Kik e SEC, a gennaio, infatti, l’azienda aveva anticipato che si sarebbe battuta contro ogni azione fosse stata intrapresa ai loro danni per presunte violazioni della legge sull’emissione di obbligazioni a causa della famosa ICO del 2017 in cui Kik arrivò a raccogliere la bellezza di quasi 100mln di dollari. Successivamente, a maggio di quest’anno, Kik, come a voler dare seguito alla sua promessa di resistenza di qualche mese prima, ha deciso di avviare una campagna di finanziamento da 5mln di dollari per sostenere le spese necessarie a difendersi dalle accuse mosse dalla SEC.

La cosa, c’è da starne certi, andrà per le lunghe e che finisca in un’aula di tribunale oramai è praticamente scontato, ho trovato comunque molto interessanti le accuse mosse da Kik nei confronti della SEC anche perché, per chi conosce il mercato, appaiono abbastanza credibili; bisogna infatti considerare che, anche se all’epoca dei fatti era il 2017, già allora un’azienda che avesse voluto truffare gli investitori attraverso l’emissione di una ICO i cui token fossero venduti con la promessa di garantire una qualche forma di rendimento futuro non avrebbe certamente scelto gli USA per farlo. Che la SEC avesse il dente avvelenato contro le ICO era cosa ben nota già nel 2017, per cui una azienda che avesse voluto usare questo strumento per finanziarsi avrebbe prestato tutte le attenzioni del caso per non esporsi a rischi di alcuna natura; per quanto riguarda le accuse mosse da Kik nei confronti della SEC di mistificare e/o travisare la realtà dei fatti a proprio uso e consumo è abbastanza comune che, in un’attività di indagine, gli inquirenti possano finire col farsi ossessionare da un determinato caso arrivando persino ad operare in maniera non esattamente etica pur di dimostrare le proprie tesi.

Nella diatriba tra SEC e Kik non sappiamo chi delle due parti abbia ragione, probabilmente dovrà intervenire un giudice a deciderlo, l’unica cosa che sappiamo è che le accuse che le due si muovono a vicenda sono abbastanza credibili; se guardiamo le cose con un certo distacco, infatti, nonostante l’entusiasmo fosse alle stelle intorno alle ICO nel 2017 piazzare 100mln di token sul mercato non era comunque una cosa facile e, di conseguenza, la possibilità che Kik abbia in qualche modo promesso agli investitori, se non un rendimento, un profitto da quell’investimento sono abbastanza alte. Dal momento che non conosco così bene le carte e che con ogni probabilità ci sarà un processo non ha alcun senso perdere la testa a tentare di capire chi delle due parti abbia ragione, c’è una cosa però importante da rilevare in tutta questa storia ed è che le startup (tanto più quelle a maggior carico innovativo) per lavorare hanno bisogno di finanziamenti e dato che il modo più facile ed economico per ottenerli è attraverso l’emissione di una ICO i governi hanno il dovere di fornire alle aziende un quadro normativo chiaro e definito che consenta loro di operare nella legalità, di raccogliere i fondi che gli servono ed iniziare in questo modo a lavorare e a creare occupazione.

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