Più che una notizia è una fuga di notizie, nel corso della scorsa settimana, infatti, un account twitter (CryptoTaxGirl, riconducibile a Laura Walter, una commercialista), ha diffuso dei documenti dell’IRS (l’internal revenue service, in pratica l’autorità fiscale statunitense) che hanno lo scopo di addestrare i dipendenti a rintracciare criptovalute non dichiarate da parte dei contribuenti americani.
Il fisco negli USA da la caccia ai fondi dei contribuenti
Nel documento sono illustrate nei minimi particolari le procedure che gli ispettori dell’IRS devono seguire per rintracciare questi fondi, a partire da un monitoraggio completo e approfondito delle applicazioni scaricate dagli utenti, con tanto di coinvolgimento dei maggiori colossi informatici (da Google ad Apple, passando per Microsoft). In un passaggio del documento, preparato da James Daniels, il responsabile del programma per crimini informatici presso l’unità investigativa criminale dell’IRS, si può leggere che:
“La funzione di ogni APP deve essere esplorata per determinare se l’applicazione può o meno trasmettere transazioni in bitcoin”
Contattata da CoinDesk, che ha diffusamente trattato l’argomento in un articolo di qualche giorno fa, l’IRS ha confermato la veridicità dei documenti apparsi su twitter per bocca del direttore della comunicazione dell’IRS (Justin Cole) ed ha comunicato che tali documenti sono stati presentati durante un evento tenutosi presso la Banca Mondiale tra il 5 e il 7 Giugno scorsi al quale hanno partecipato esperti provenienti da decine di paesi diversi.
Tra le varie linee guida presenti nel documento, una che riguarda l’attività degli utenti sui principali social; a quanto pare, quindi, anche facebook e twitter potrebbero venire scandagliati al fine di identificare gli utenti che dichiarano di utilizzare le criptovalute, una possibilità che, però, la comunità aveva già preso in considerazione. Se l’IRS, quindi, si aspetta di riuscire a mettere le mani su qualche evasore monitorando l’attività sui social potrebbe finire col fare un buco nell’acqua, perché chi utilizza questi media per parlare di cripto lo fa perché consapevole di operare in perfetta legalità, tutti gli altri si affidano a social come telegram o a mezzi di comunicazione capaci di garantire una privacy ancora più impenetrabile. Sotto la lente di ingrandimento dell’IRS potrebbero finire, oltre ai conti corrente e alle carte di credito, anche gli account PayPal e le carte prepagate; in pratica si tratterebbe di un giro di vite abbastanza pesante, il condizionale, però, è d’obbligo, dal momento che Cole stesso non ha dato alcuna conferma del fatto che questi metodi di indagine verranno effettivamente usati dall’IRS.
Il documento che è trapelato nei giorni scorsi, in pratica, illustra solo i modi in cui si potrebbe indagare sul possesso non dichiarato di criptovalute da parte dei contribuenti, ma, da quel che si capisce, non c’è ancora, per ora, ancora nessuna direttiva che imponga agli ispettori di operare secondo queste indicazioni; è, del resto, lo stesso autore del documento a riconoscere che la validità e la fattibilità di questo genere di approccio deve ancora essere testata. Vi sono poi anche una serie di aspetti di carattere legale, non solo relativi alla privacy dei contribuenti che, chiaramente, con questo genere di approccio andrebbe a farsi benedire, ma anche relativi alla necessità di non notificare le indagini per evitare che i soggetti coinvolti facciano sparire i loro fondi; così facendo, però, si lederebbero i diritti dei cittadini statunitensi ai quali, per legge, l’IRS è tenuto a notificare le indagini prima di poter chiedere a terze parti documenti di qualunque tipo sulla situazione patrimoniale dei contribuenti.
Il documento redatto da Daniels, quindi, è difficilmente conciliabile con le norme dello stato di diritto perché per poter diventare operativo presuppone che numerosi diritti, che oggi sono riconosciuti ai cittadini americani, vengano bellamente calpestati; staremo a vedere come finiranno le cose, attualmente non esiste una direttiva che renda operativi questi metodi di indagine, vero è, però, che tutto questo apre scenari francamente inquietanti che vanno ben oltre la dimensione relativa ai reati di carattere meramente fiscale ma che potrebbero stravolgere completamente gran parte delle garanzie e dei diritti che, fino ad oggi, hanno regolato i rapporti tra cittadini americani e governo federale.
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