Mentre in Italia continuano a comparire tonnellate di articoli in cui ci viene spiegato che la blockchain serve a nulla, che non ha casi d’uso concreti, che è un disastro ambientale, che consuma troppo e i giornali mainstream non perdono occasione per rifilarci tonnellate di luoghi comuni che all’estero sono stati superati ormai da anni, ecco che da Malta arriva la notizia che tutti i contratti d’affitto del paese verranno registrati su blockchain.
Malta registra i contratti d’affitto con le Blockchain
A dirlo è stato il primo ministro Joseph Muscat che lo ha annunciato nella giornata di domenica nel corso di un’intervista su una delle principali emittenti radiofoniche del paese, Radio One. Muscat giustifica questa scelta argomentando che la decisione di investire sulla blockchain è stata presa perché questa tecnologia garantisce la sicurezza dei dati, ne impedisce la manomissione ed assicura che solo gli utenti che autorizzati avranno la possibilità di accedere ai dati. Altro aspetto importante che il primo ministro ha voluto evidenziare durante la sua intervista riguarda il fatto che registrando i contratti d’affitto su blockchain si riuscirà finalmente a porre un freno all’abitudine di firmare contratti di locazione che poi non vengono depositati e registrati, truffando così gli inquilini. Che Muscat creda molto in questa tecnologia è cosa risaputa, che si evince ancora di più nel momento in cui, durante la sua intervista radiofonica, dichiara che:
“Ora mostreremo alle persone il valore aggiunto di questa tecnologia applicandola a qualcosa che useranno nella loro vita quotidiana, dimostrandogli come la trasformazione digitale influenzerà le loro vite.”
Ulteriori dettagli sulla riforma delle locazioni proposta dal governo maltese saranno rilasciati nei prossimi giorni, per adesso possiamo limitarci ad acclarare che evidentemente il soprannome che la comunità ha dato a Malta, blockchain island, appare ampiamente meritato; questo soprannome le fu attribuito un paio di anni fa in virtù del fatto che Malta è stata tra i primissimi paesi a dotarsi di un quadro normativo favorevole alle criptovalute. Come accennato in apertura di questo articolo, quindi, mentre nel resto d’Europa si perde tempo in chiacchiere e le politiche blockchain sono sostanzialmente guidate dalla Francia, uno dei paesi più retrogradi e ostili a questa tecnologia di tutta l’UE, ecco che una piccola isola come Malta (che raggiunge a stento il mezzo milione di abitanti) si mette a dare lezioni di buon governo ai giganti dell’eurozona. In tutto questo anche il nostro paese sta perdendo un’opportunità; l’Italia, infatti, dovrebbe muoversi in maniera convinta e veloce verso l’implementazione della tecnologia blockchain a livello governativo, anche perché è uno dei paesi che maggiormente potrebbe giovarsi di questo sullo scenario europeo, invece resta ferma alle inutili bagatelle comunitarie, a strumenti puerili a giurassici come i minibot, ad elemosinare qualche zero virgola in più di rapporto deficit pil.
Se c’è una cosa, per concludere, che appare più deprimente del fatto che l’indirizzo politico europeo sulla tecnologia blockchain venga dato dalla Francia (attraverso l’azione di persone che hanno già dato grande dimostrazione di non comprendere la vera natura di questa tecnologia) è proprio la lentezza snervante e l’inconcludenza che sta dimostrando il nostro paese, che tra un grande annuncio e l’altro, perde tempo ad organizzare tavole rotonde e sembra non avere ancora la minima idea della direzione da prendere.
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