Bitcoin nella mente del suo ideatore

A distanza di 10 anni dalla sua creazione , per spiegare cos’è Bitcoin non mi addentro in analisi di crittografia o articolate elaborazioni matematiche, piuttosto mi limito a prenderne la definizione dal paper di Satoshi Nakamoto, per capire direttamente dalle sue parole quale fosse lo scopo della sua creazione.  In effetti basterebbe tradurre il titolo e le prime due righe dell’introduzione per capire cosa Satoshi Nakamoto avesse in mente.

Bitcoin “ un sistema di moneta elettronica peer-to-peer

Una versione puramente peer-to-peer di denaro elettronico che permetterà di effettuare direttamente pagamenti online da un’entità a un’altra senza passare tramite un’istituzione finanziaria”.

Già nel titolo il riferimento è chiaro: lo scopo del suo progetto era creare una “moneta elettronica”, un sistema di pagamento per inviare e ricevere denaro senza la partecipazione di intermediari finanziari. L’intenzione di Satoshi era quella di creare un’alternativa al funzionamento tradizionale del sistema finanziario, grazie alla tecnologia Bitcoin.

Tizio e Caio avrebbero potuto scambiare denaro tra loro senza aver bisogno di un terzo garante, nel caso specifico una banca. Veniva a cadere quel vincolo di “fiducia” con l’istituto di credito, necessario fino ad allora per poter emettere o ricevere un pagamento. Di fatto un grande tempismo !

In effetti ci trovavamo nel 2009 nel bel mezzo della più grande crisi di fiducia del sistema finanziario, causa diretta del collasso dei mercati finanziari, ed ecco che dal nulla era sbucato un “tale” che sotto uno pseudonimo giapponese presentava una soluzione che permetteva di superare il centenario problema della “fiducia” concessa ad un terzo nell’emissione/ricezione di un pagamento, in favore di una ben più certa e sicura prova crittografica. Un estratto integrale direttamente dal paper afferma peraltro:

Il commercio su Internet fa affidamento quasi esclusivamente sulle istituzioni finanziarie che servono come terze parti di fiducia per elaborare i pagamenti elettronici. Nonostante il sistema funzioni abbastanza bene per la maggior parte delle transazioni, esso soffre ancora delle debolezze intrinseche di un modello basato sulla fiducia. Transazioni totalmente irreversibili non sono realmente possibili, dal momento che le istituzioni finanziarie non possono evitare le dispute di mediazione. Il costo dell’intermediazione aumenta i costi di transazione, limitando la dimensione minima delle transazioni praticabili ed escludendo la possibilità di piccole transazioni occasionali, e c’è un costo più ampio collegato alla perdita della capacità di effettuare pagamenti irreversibili per quei servizi che sono anch’essi irreversibili. Con la possibilità di “reversibilità”, si diffonde la necessità di fiducia. I commercianti devono diffidare dei loro clienti, tormentandoli con maggiori richieste di informazioni rispetto a quanto non sarebbe necessario. Una certa percentuale di frodi è accettata come inevitabile. Tali costi e le incertezze di pagamento possono essere evitati utilizzando moneta fisica di persona, ma non esiste alcun meccanismo per effettuare pagamenti attraverso un mezzo di comunicazione senza un’entità di fiducia. E’ dunque necessario un sistema di pagamento elettronico basato su una prova crittografica invece che sulla fiducia, che consenta a due controparti qualsiasi di negoziare direttamente tra loro senza la necessità di una terza parte di fiducia.

Ed è qui che Satoshi introduce il concetto di “peer to peer”. I Bitcoin per funzionare necessitano di una forma di collaborazione tra “peers” o più semplicemente, di una comunicazione peer-to-peer, simile a quella utilizzata, per esempio, per scaricare e condividere i file online come con BitTorrent.

Ogni computer diventa un nodo della rete alla pari con gli altri, senza la necessità di un nodo centrale. Ogni utente che detiene un nodo Bitcoin è connesso con tutti gli altri e detiene una copia di quello che può essere considerato come un libro mastro digitale – cioè un documento in cui sono contenuti tutti i conti di un sistema contabile – chiamato blockchain. Nella blockchain sono registrate tutte le transazioni di tutti gli utenti a partire dal 3 gennaio 2009, quando vede la luce il primo blocco Bitcoin, il cosiddetto “Genesis Block”.

Vengono per la prima volta generati 50 bitcoin. Quindi è la blockchain a sostituirsi al compito normalmente svolto da un istituto bancario: prelevare dal conto dell’utente Tizio la quantità di moneta richiesta da Tizio stesso ed inviarla all’amico Caio, assicurandosi che Tizio non possa spendere più soldi di quanti, in realtà, ne possegga.

Dal paper di Satoshi: “ le transazioni che sono computazionalmente impraticabili da invertire proteggerebbero i venditori dalle frodi, e meccanismi consuetudinari di deposito di garanzia potrebbero essere facilmente implementati per proteggere gli acquirenti.”

E ancora: “ in questo primo lavoro propongo una soluzione al problema della doppia spesa, utilizzando un server di marcatura temporale distribuito peer-to-peer per generare la prova computazionale dell’ordine cronologico delle transazioni. Il sistema è sicuro fintanto che i nodi onesti controllano collettivamente più potenza CPU rispetto a qualsiasi gruppo collaborativo di nodi attaccanti.

Questo meccanismo, apparentemente molto complesso, è il cuore della soluzione trovata da Satoshi per risolvere il problema della verifica delle transazioni eseguite senza che sia necessaria la presenza di un’autorità centrale per certificarne l’autenticità, fine fondamentale del misterioso analista.

Di Vincenzo Augello

Fonti * Tutto su Bitcoin (D. Capoti, A. De Lorenzo,M. Maggioni, EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO 2018)

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