Bitcoin: chi li ha inventati non lo sapremo mai, ma possiamo fare delle supposizioni

Chi ha inventato i bitcoin continuerà ad essere ricordato con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto, mentre la sua reale identità è destinata probabilmente a rimanere un mistero; certezze in proposito non ve ne saranno mai, anche per questo le supposizioni si sprecano. La verità è che dovremmo rassegnarci all’idea che semplicemente non conosceremo mai l’identità dell’inventore di bitcoin perché lui stesso ha voluto che fosse così difendendo in maniera estremamente accurata la propria privacy.

anonimato

Chi ha inventato il Bitcoin?

Questo aspetto suscita spesso un certa diffidenza tra i neofiti e coloro che non hanno molta confidenza coi valori e i principi che regolano il web sin dalla sua nascita; oggi, purtroppo, le persone si sono lasciate convincere a fondere la propria identità reale con quella online, ma le cose non sono sempre state così. In un contesto storico in cui l’idiozia è diventata dilagante a tal punto che sono all’ordine del giorno gli insulti verso chi continua ad avere quella misura elementare di sicurezza che è l’anonimato online, c’è stato un tempo in cui nessuno si sarebbe mai permesso di dare del vigliacco (o peggio) a chi usasse uno pseudonimo su internet.

Satoshi probabilmente è una persona che viene da quel mondo, da prima che il web diventasse un fenomeno di massa, un tempo in cui internet era uno spazio riservato a pochi adepti; non deve stupire che una delle menti più brillanti della contemporaneità abbia voluto blindare la propria identità con uno pseudonimo, anche perché le ripercussioni che bitcoin ha avuto e avrà su ogni aspetto della nostra vita sono tali e tante che se Satoshi si fosse esposto con nome e cognome avrebbe probabilmente messo a rischio la propria stessa incolumità. Se Satoshi avesse voluto svelare la propria identità avrebbe potuto farlo tranquillamente e potrebbe farlo ancora semplicemente usando i Wallet che sono comunemente ricondotti a lui; se non lo fa, quindi, avrà avuto (o avrà a tutt’oggi) le sue buone ragioni.

Negli anni si sono fatte numerose supposizioni su quale sia la reale identità di questo personaggio mitologico, al netto delle più strampalate ipotesi giornalistiche (che hanno dato vita a numerosi meme che trovate sui social) le strade da seguire non sono poi così tante; gli esperti di crittografia a livello mondiale che avevano le competenze per sviluppare un’idea come bitcoin non sono tanti per cui possiamo partire dando per scontato che probabilmente Satoshi sia stato un esponente di spicco della corrente cypherpunk americana (la cui massima espressione è rappresentata dal Manifesto Cypherpunk di Eric Hughes); per questo motivo quasi da subito i principali indiziati sono stati Nick Szabo, informatico ed esperto di crittografia, e uno dei suoi principali collaboratori (Laszlo Hanyecz) che però hanno negato con forza la cosa. Per qualche tempo ha circolato la tesi di Adam Penenberg (docente presso la New York University) secondo la quale in realtà Satoshi non sarebbe una persona ma un gruppo di sviluppatori, che lo stesso professore identificò in Neal King, Robertz Pulitano, Vladimir Oksman e Charles Bry.

Penenberg è arrivato a questa conclusione attraverso una richiesta di brevetto per l’aggiornamento e la distribuzione delle chiavi di crittografia che ricorda da vicino il White paper bitcoin, tuttavia questo dimostra ben poco e, soprattutto, le quattro persone indicate da Penenberg hanno anche loro negato con forza ogni coinvolgimento nella nascita di bitcoin. Insomma, ogni qual volta qualcuno sembra essere venuto a capo della situazione viene regolarmente smentito dai diretti interessati; c’è solo una persona in giro che rivendica di essere Satoshi, è Craig Steven Wright, un imprenditore australiano al quale però non crede nessuno. Come detto Wright non avrebbe che da movimentare uno dei Wallet di Satoshi per dimostrare che, senza ombra di dubbio, è chi sostiene di essere, tuttavia questa semplice e banale prova Wright si è sempre rifiutato di fornirla. In molti sostengono che vi siano due questioni fondamentali che ci aiuterebbero a capire chi sia veramente Satoshi ed io personalmente mi trovo d’accordo con questa linea di pensiero; per prima cosa bisogna capire che sui wallet di Satoshi sono depositati bitcoin per milioni di dollari eppure questi wallet sono rimasti congelati per anni, senza che una sola moneta venisse spostata.

Come mai una persona che si ritrova improvvisamente milionaria non avverte l’esigenza di spendere neanche una minima parte di quei soldi? L’altro aspetto che lascia riflettere è il modo in cui Satoshi si è ritirato dal progetto, dalla sera alla mattina, lasciando il tutto in mano a Gavin Andersen nel 2011 per poi sparire per sempre senza che vi fossero più tracce di lui; mettendo insieme questi due aspetti (il fatto che i fondi siano rimasti bloccati sui wallet e l’improvvisa scomparsa dalla scena di Satoshi nel 2011) sorge il dubbio che l’inventore di bitcoin sia semplicemente venuto a mancare. Guarda caso uno dei maggiori indiziati in questa storia è Hal Finney, deceduto nell’agosto 2014 ed esponente di spicco del movimento cypherpunk americano; Finney era malato di SLA, il che spiegherebbe l’uscita di scena nel 2011 di Satoshi (simultaneamente all’aggravarsi della patologia di Finney) e spiegherebbe anche perché i fondi non si sono mai mossi dai wallet (perché semplicemente il proprietario è deceduto).

Tutte queste sono però supposizioni, nessuno ha mai conosciuto la reale identità di Satoshi e, a questo punto, sembra che nessuno la conoscerà mai; nonostante l’enorme influenza che ha avuto col suo lavoro, quindi, questa persona passerà alla storia con lo pseudonimo che si è scelta, per cui, semplicemente, quello che sappiamo è che possiamo dire è che l’inventore di bitcoin è Satoshi Nakamoto. Chiunque sia, o sia stato, non ci interessa neanche, lasciamo questo tema ai giornalisti (che più che di informazione oggi si occupano di gossip) noi, come tutti i bitcoiners del mondo, ci limitiamo a portare avanti le sue idee e a ringraziarlo del suo lavoro, tutto qui.

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