Cile, Libano, Hong Kong, Francia, Catalogna, Grecia, Venezuela e, adesso, anche l’Iran; la lista dei paesi in cui le proteste di piazza sono arrivate ad assediare i palazzi del potere inizia ad allargarsi sempre di più e le grandi manifestazioni di piazza che sconvolgono ognuno di questi paesi hanno almeno due caratteristiche in comune e cioè l’insofferenza delle persone comuni verso chi governa e il sostegno della comunità delle criptovalute a chi protesta. Ognuno dei paesi citati, poi, è caratterizzato da un’impennata dei volumi di scambio di bitcoin e da una crescita delle quotazioni sugli scambi locali; per quanto sia difficile dimostrare una correlazione del genere a molti osservatori inizia ad apparire scontato che bitcoin cresce di valore al diminuire della fiducia della popolazione nei confronti dei governi e istituzioni. Nella giornata di ieri hanno fatto il giro del mondo le immagini provenienti dall’Iran in cui i manifestanti assaltano e danno alle fiamme una sede locale della banca centrale; la comunità delle criptovalute è stata tra le prime a condividere i video che arrivavano dall’Iran anche perché parliamo di un paese in cui si concentra buona parte del mining (grazie al basso costo dell’elettricità dovuto al sostegno del governo per tenere basse le bollette) e tutti coloro che si occupano di cripto hanno almeno qualche contatto in Iran.
I bitcoiners sono stati tra i primissimi a rendersi conto di cosa accadeva ed hanno contribuito fortemente a rendere virali i video che arrivavano dal paese sciita; impossibile poi non notare come gran parte dei commenti che accompagnano tali video siano proprio di bitcoiners, molti account hanno mostrato la loro appartenenza alla comunità andando a commentare sotto ai video semplicemente con la parola “bitcoin”. Quello che sta succedendo è che l’Iran si ritrova, come tanti altri paesi, vittima delle sanzioni imposte unilateralmente dagli USA, questo ha indotto il governo a rivedere le proprie posizioni proprio sul mining di criptovalute, passando da una posizione di totale chiusura che fino a poco tempo fa prevedeva il ban completo delle attività minerarie nel paese all’intenzione di regolamentare il mining di bitcoin senza arrivare a renderlo illegale. Proprio i paesi che sono sotto sanzioni, infatti, si rendono conto meglio di altri di quanto siano importanti le criptovalute a livello geopolitico per svincolarsi dalla morsa letale statunitense, con in cima alla lista Russia e Cuba che sono i due paesi che sullo scenario internazionale subiscono da più tempo l’aggressività USA. Le proteste, anche violente, sono partite in Iran a seguito della comunicazione del governo di voler razionare la benzina, con un aumento dei prezzi alle pompe che supera il 50%; la scelta di attaccare una filiale della banca centrale andrebbe quindi letta come una dimostrazione che sempre più persone risultano insofferenti alle politiche economiche volute dal governo, spesso rivelatesi fallimentari.
Chiaramente per l’Iran non è una situazione facile da gestire visto che, come abbiamo spiegato, è il contesto internazionale che ha messo il governo in difficoltà, la popolazione però non sembra disposta a sentir ragioni e chiede un cambio di passo; l’assalto di una filiale della banca centrale è un atto altamente simbolico e non mi stupirebbe che a guidare le proteste si rivelino essere proprio i bitcoiners presenti nel paese. Se così dovesse essere sarebbe il primo caso documentato in cui la comunità delle criptovalute esce dalla propria nicchia e prende possesso delle piazze guidando una manifestazione popolare. Chiariamo subito che non c’è alcuna prova di questo e che la mia è solo una supposizione, ne tanto meno il largo supporto offerto ai manifestanti dalla comunità a livello internazionale dimostra nulla, tuttavia i bitcoiners hanno alcune caratteristiche che li rendono particolarmente adatti a guidare una protesta in qualunque paese; intanto sono mediamente tutti giovani (sotto i 35 anni), esiste un coordinamento in ogni paese che gli permetterebbe di portare in piazza migliaia di persone, hanno una mentalità anti-sistema e anti-governativa. Ormai da molto tempo segnaliamo dalle pagine di questo sito come bitcoin sia soprattutto un fatto politico e personalmente trovo quasi inevitabile che dalle varie comunità a livello nazionale emerga anche una leadership politica; molti ragazzi in vista nelle varie comunità sono ancora giovani, ma mostrano di avere idee chiare e non escluderei che presto il mondo delle cripto oltre a rappresentare una spina nel fianco per i governi a livello economico lo diventi anche a livello politico.
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