Verizon, per chi non lo sapesse, è il più grande provider di telecomunicazioni wireless degli Stati Uniti, basti pensare che gli ultimi dati che si trovano su wikipedia (risalenti al 2015) attestano a circa 133,5 milioni di persone il numero di abbonati nei soli USA; ha quindi una grande rilevanza il brevetto presentato presso l’ufficio marchi degli Stati Uniti lo scorso 10 settembre in cui viene presentata una killer application delle carte SIM fisiche a cui noi tutti siamo stati abituati fino ad oggi.
Sim virtuali generate con le blockchain
Il brevetto, infatti, punta a sostituire le SIM fisiche con SIM virtuali protette da crittografia basata su blockchain, il che è particolarmente interessante visto che (come abbiamo accennato in un altro recente post) è appena emerso un bug che permette di aggredire proprio le SIM arrivando a controllare il dispositivo su cui sono montate e che coinvolge, secondo le stime, almeno un miliardo di utenti in giro per il mondo. In un articolo pubblicato ieri (a firma di un ottimo Daniel Palmer) CoinDesk ci illustra facilmente come funzioneranno queste SIM virtuali made in Verizon; per prima cosa l’utente, con un qualunque dispositivo capace di collegarsi a internet, crea una o più SIM virtuali e una selezione dei servizi di rete da associare all’account. A questo punto la rete crea ed archivia un record blockchain che include il certificato della SIM virtuale con i relativi servizi di rete associati e un IMSI (acronimo di International Mobile Subscriber Identity, un numero che identifica in modo univoco tutti gli utenti di una rete cellulare); di conseguenza il tutto risulta collegato all’account utente che potrà quindi attivare la configurazione che preferisce su un qualunque dispositivo. I nodi della rete, come in qualunque blockchain, parteciperebbero a conservare l’elenco sempre aggiornato dei record, in quella che il brevetto Verizon definisce una “blockchain vSIM”, proteggendolo da manomissioni esterne per mezzo della crittografatia.
Chiaramente, se ci sforziamo di immaginare un sistema simile, un determinato numero di SIM può quindi essere facilmente associato a qualunque dispositivo, anche non necessariamente di proprietà dell’utente, essere condiviso e trasferito senza difficoltà. Si tratta quindi di un sistema altamente versatile e modulare, che proviamo a descrivere facendo un rapido esempio; oggi se ho bisogno di un nuovo numero di cellulare devo recarmi presso un negozio fisico ed acquistare fisicamente una SIM, in un sistema che funzionasse in maniera simile a quanto descritto nel brevetto Verizon, invece, potrei gestire il tutto attraverso una banalissima APP. Con il mio telefono, quindi, mi collego a internet usando la linea di casa, scarico la mia bella app e creo il mio numero di telefono (la sim virtuale); provvedo quindi ad associare quel numero ai servizi del mio provider locale (ad esempio TIM in Italia, o Vodafone, o Wind-3, o quella che vi pare) ed ecco che posso ricevere ed inviare chiamate da quel dispositivo esattamente come se avessi una SIM fisica.
Supponiamo che esca di casa e abbia dimenticato il mio telefono, mi faccio prestare quello di un amico, mi autentico sulla rete con le mie credenziali ed ecco che posso usare la mia SIM virtuale sul telefono di un’altra persona; oppure ancora, se volessi avere un gestore per le telefonate e un gestore diverso per il traffico dati non dovrei far altro che creare due SIM virtuali alle quali assegnare i due diversi operatori e il gioco sarebbe fatto. Chi comprende pienamente di cosa stiamo parlando, quindi, non potrà fare a meno d’ora in avanti di considerare le SIM fisiche già morte e defunte; quello che è descritto nel brevetto Verizon è chiaramente il futuro della telfonia mobile e, non che ne avessimo mai dubitato, passa chiaramente per la tecnologia blockchain.
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