Criptovalute: il colosso dell’e-commerce giapponese, Rakuten, annuncia il lancio della sua nuova piattaforma di scambio

L’annuncio ufficiale è proprio di oggi, la notizia è sicuramente rilevante sotto molteplici punti di vista e ci permetterà, tra le altre cose, anche di fare un paragone tra la realtà asiatica e quella europea; tentiamo di procedere però con un minimo di ordine anche perché le cose da spiegare sono parecchie. Partiamo col dire, per chi non lo sapesse, che Rakuten è il principale e-commerce giapponese, una sorta di Amazon nipponico, che però ormai da qualche anno inizia ad essere conosciuto anche a livello internazionale (l’azienda, ad esempio, è sponsor del Barcellona calcio dal 2016); Rakuten è un’azienda molto interessante da osservare, che ormai da anni porta avanti una strategia di consolidamento e crescita che merita di essere guardata da vicino.

Rakuten

Rakuten annuncia la sua nuova piattaforma

Oltre ad investire per rosicchiare mercato al proprio principale concorrente (Amazon appunto), l’azienda sta accettando la sfida col colosso guidato da Bezos a trecentosessanta gradi; non solo, quindi, Rakuten insegue Amazon a livello internazionale per quanto riguarda il mercato dell’ecommerce (invece che attenderla passivamente pretendendo di giocare la partita solo all’interno dei confini del Giappone) ma ha anche perseguito una strategia diametralmente opposta a quella di Amazon per quanto riguarda gli investimenti nella tecnologia blockchain. Mentre l’azienda guidata da Bezos, come noto, ha puntato pesante sul segmento dei servizi, implementando soluzioni blockchain per il business su AWS (acronimo che sta appunto per Amazon Web Serivce) Rakuten ha preferito investire direttamente sulle criptovalute come mezzi di pagamento; non solo, quindi, siamo in attesa del lancio del nuovo wallet ma, proprio nella giornata di oggi, è stato annunciato il lancio ufficiale del nuovo exchange per criptovalute che, almeno inizialmente, supporterà però soltanto bitcoin, ethereum e bitcoin cash.

La piattaforma non presenterà alcun costo per l’apertura o la gestione dei conti, così come non sono previste commissioni di sorta per i depositi, l’acquisto e la vendita di criptovalute; nonostante in Giappone le criptovalute siano già ragionevolmente diffuse, molto più che in altri paesi, appare chiaro che l’impatto che il lavoro di Rakuten avrà nel favorire il processo di adesione di massa a bitcoin come mezzo di pagamento sarà decisamente importante. Detto questo proviamo a fermarci un attimo e ad immaginare che cosa succederebbe se domani mattina Amazon dichiarasse di voler seguire le orme di Rakuten; se già solo la presentazione di Libra ha provocato pesanti crisi isteriche ai governi di mezza Europa non oso immaginare cosa succederebbe se Amazon comunicasse di avere intenzione di aprirsi alle criptovalute offrendo servizi come wallet online, la possibilità di acquistare qualunque prodotto in bitcoin e, addirittura, una piattaforma di scambio con la possibilità di depositare valuta fiat e comprare, a zero commissioni, criptovluta.

La cosa, c’è da starne certi, verrebbe presentata come una sorta di catastrofe finanziaria, un rischio sistemico per la stabilità economica, esattamente come accaduto con la presentazione di Libra; ma qual è la differenza tra l’Europa e il Giappone? Perchè i giapponesi sono così veloci nell’aprire alla piena integrazione delle criptovalute nella loro economia mentre in Europa abbiamo più paure che certezze? Sono queste le domande che dovremmo farci. A meno di non scadere in una sconfinata arroganza appare chiaro che se il Giappone ha deciso di attuare un quadro normativo teso a favorire l’integrazione delle criptovalute nell’economia del paese lo ha fatto solo perché ne aveva preventivamente accuratamente ponderato rischi e benefici; in Europa, invece, tutto questo non è ancora stato fatto e siamo ancora ben lontani dall’avere le idee chiare sui passi da intraprendere nell’immediato futuro. Il problema non è solo il tempo che abbiamo perso fin qui, ma il fatto che ne stiamo perdendo ancora e che non sembriamo capaci, sia a livello italiano che soprattutto a livello europeo, di sfruttare pienamente le opportunità che ci vengono offerte dalle nuove tecnologie.

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