La sessione di trading della borsa di Tokyo si è chiusa con un calo dello 0,25%, con l’indice Nikkei 225 che ha risentito delle ultime statistiche macroeconomiche. Il dato che ha fatto più rumore è stata la prima contrazione del PIL giapponese in sei trimestri, un segnale preoccupante per la terza economia mondiale che sembrava aver ritrovato slancio dopo anni di stagnazione.
In termini semplici, quando il PIL si contrae significa che il paese sta producendo meno ricchezza rispetto al periodo precedente. Per gli investitori, questo è un campanello d’allarme: se l’economia rallenta, anche i profitti delle aziende rischiano di diminuire, e di conseguenza anche il valore delle loro azioni.
I dazi americani colpiscono l’export del Sol Levante
Ma c’è un colpevole specifico dietro questa frenata economica: i dazi USA hanno danneggiato pesantemente le esportazioni giapponesi nel terzo trimestre. Il Giappone è un paese fortemente dipendente dall’export, con colossi dell’automotive e dell’elettronica che vendono gran parte dei loro prodotti all’estero, Stati Uniti in testa.
Quando Washington alza le barriere doganali, le aziende giapponesi si trovano schiacciate tra due fuochi: o aumentano i prezzi (rischiando di perdere clienti) o riducono i margini di profitto. In entrambi i casi, il risultato è una perdita di competitività che si riflette negativamente sui conti aziendali e, di rimbalzo, sulle quotazioni di borsa.
Le altre piazze asiatiche viaggiano a velocità diverse
Mentre Tokyo soffre, il panorama delle altre borse asiatiche è decisamente frammentato. Non c’è un trend unico, ma piuttosto una serie di dinamiche locali che spingono i mercati in direzioni diverse:
Performance delle principali piazze asiatiche:
- Seul: +1,94% (miglior performance, trainata dal settore tech)
- Mumbai: +0,27% (crescita moderata)
- Sydney: +0,10% (sostanzialmente piatta)
- Shenzhen: -0,26% (leggera debolezza)
- Hong Kong: -1,02% (la peggiore, preoccupazioni sul settore immobiliare)
La forza di Seul è particolarmente interessante dal punto di vista finanziario: la Corea del Sud sta beneficiando dell’impennata della domanda di semiconduttori e tecnologia AI, settori in cui le sue aziende sono leader mondiali. Al contrario, Hong Kong continua a soffrire per le preoccupazioni sulla stabilità del settore immobiliare cinese e per le tensioni geopolitiche.
Mercati valutari: stabilità relativa per l’euro
Sul fronte dei cambi, la situazione appare sostanzialmente congelata. L’euro mostra variazioni minime contro le principali valute asiatiche: -0,08% contro lo yen giapponese, -0,03% contro lo yuan cinese e -0,16% contro il dollaro di Hong Kong.
Per gli investitori europei con esposizione ai mercati asiatici, questa stabilità è una buona notizia: significa che le eventuali perdite (o guadagni) sulle azioni non vengono amplificati o ridotti da forti oscillazioni valutarie. In altre parole, il rischio di cambio è al momento sotto controllo.
Cosa dicono le obbligazioni sulla fiducia degli investitori
I rendimenti dei bond governativi giapponesi si attestano all’1,73%, mentre quelli cinesi sono leggermente più alti all’1,8%. Questi numeri possono sembrare tecnici, ma raccontano una storia importante: quando i rendimenti obbligazionari sono bassi, significa che gli investitori sono disposti ad accettare guadagni modesti in cambio di sicurezza.
Il fatto che il rendimento giapponese sia inferiore a quello cinese riflette la percezione del mercato: nonostante i problemi economici, il Giappone è ancora considerato un porto sicuro, mentre la Cina viene vista come più rischiosa (e quindi deve offrire rendimenti più alti per attirare investitori).
Per chi cerca opportunità, questi livelli di rendimento suggeriscono che il reddito fisso asiatico non offre grandi attrattive in questo momento. Gli investitori più aggressivi potrebbero preferire scommettere sulla ripresa selettiva di certi mercati azionari (come quello coreano) piuttosto che accontentarsi di questi rendimenti obbligazionari modesti.
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