Il settore bancario italiano sta abbattendo le resistenze verso l’universo delle criptovalute, trasformando quella che un tempo era diffidenza in opportunità di business. Intesa Sanpaolo ha aperto la strada a gennaio acquistando 11 bitcoin per un milione di euro, seguita da Unicredit che a luglio ha lanciato un certificato legato all’ETF bitcoin di BlackRock. Questa evoluzione non è casuale: con il calo dei margini d’interesse dovuto alla riduzione dei tassi, le banche cercano nuove fonti di ricavo per mantenere la redditività.
Un mercato maturo e in espansione
I numeri del settore crypto hanno raggiunto dimensioni che non possono più essere ignorate: la capitalizzazione di mercato si aggira sui 3.000 miliardi di dollari e potrebbe toccare i 13.000 miliardi entro il 2030 nello scenario più favorevole. Il volume medio giornaliero di trading è schizzato a 123 miliardi nel 2024, raddoppiando rispetto all’anno precedente. Questi dati hanno convinto i giganti del credito italiano che il mondo crypto, con le dovute precauzioni, rappresenti un’occasione da non perdere.
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La strategia della custodia: 750 milioni in vista
Le banche stanno puntando sui servizi di custodia degli asset digitali come primo passo concreto nell’ecosistema crypto. Il meccanismo è relativamente semplice: aprire depositi titoli per proteggere le criptovalute acquistate autonomamente dai clienti, ovviamente dietro commissione. Secondo uno studio di PwC, i primi dieci operatori italiani potrebbero incassare collettivamente 750 milioni di euro di commissioni nei prossimi cinque anni, cifra che potrebbe addirittura triplicarsi una volta superati gli ostacoli culturali e di percezione del rischio.
Marco Folcia, partner di PwC Italia, evidenzia tre motivi chiave per questo crescente interesse bancario: l’aumento costante delle transazioni verso exchange esteri, la scarsità di servizi di intermediazione in Italia e il potenziale della custodia che consente una visione più ampia dei portafogli clienti, facilitando consulenze basate su profili di rischio più accurati.
Le stablecoin: la vera rivoluzione dei pagamenti
Oltre alla custodia, emerge un’altra opportunità strategica: le stablecoin, mercato da oltre 250 miliardi di dollari dominato da Tether e USDC. Questi strumenti, ancorati a valute ufficiali come il dollaro, stanno diventando sempre più utilizzati dalle aziende per trasferimenti internazionali. Le banche potrebbero intercettare questa domanda offrendo servizi che sfruttano la blockchain per disintermediare i sistemi di pagamento tradizionali, mantenendo commissioni più elevate pur offrendo costi inferiori ai clienti.
Questa evoluzione rappresenta una minaccia per colossi come il sistema Swift, che rischia di perdere centralità, mentre giganti come PayPal si preparano ad accelerare su stablecoin e criptovalute.
La corsa europea verso MiCAR
La concorrenza si intensifica anche a livello europeo. Diversi player hanno già richiesto l’autorizzazione MiCAR: la spagnola BBVA è pronta a offrire servizi regolamentati di custodia e trading, mentre colossi americani come Visa e Mastercard propongono già opzioni di custodia. Le banche italiane non intendono farsi scavalcare in questa corsa all’innovazione.
Tuttavia, come sottolinea Folcia, rimangono sfide normative: “Le banche non dispongono ancora di linee guida chiare su come applicare la normativa MiCAR, né su come integrarla con le regole sulla trasparenza e la disciplina MiFID”. Sarà necessario un coordinamento più efficace tra le diverse normative e un dialogo rafforzato con BCE, banche centrali nazionali e governi per rendere le regole più applicabili e garantire maggiore sicurezza per tutti gli attori del mercato.
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