All’ombra del protocollo Bitcoin, nella pace di un modesto pub di Toronto, nel novembre del 2012, stava nel frattempo per vedere la luce Ethereum, adesso la seconda blockchain più importante, nata dalla mente di un giovanissimo ragazzino russo, Vitalik Buterin. Tuttavia è Anthony Di Iorio, famoso imprenditore, ad alimentare l’immaginazione creativa dell’adolescente grazie all’organizzazione di un meetup incentrato sulle divise virtuali e giustappunto sui Bitcoin.
E’ lì infatti che per la prima volta e poi nelle seguenti riunioni si presenterà Vitalik, già noto nel mondo di Bitcoin come il fondatore di Bitcoin Magazine, un giornale realizzato per l’analisi della crittografia, di Bitcoin e della decentralizzazione. Da lì a poco tempo Vitalik abbandona il lavoro per dedicarsi full time alla progettazione e realizzazione degli articoli sul Bitcoin Magazine. Di fatto, però, più ci lavora e meno sembra soddisfatto del risultato finale.
E’ convinto che il protocollo Bitcoin abbia aperto la strada ad una vera e propria rivoluzione digitale del denaro, rendendo reale la possibilità di spedire soldi in tutto il mondo senza pagare tasse, banche o governi, accedendo a prospettive per il periodo inimmaginabili. Vitalik Buterin, infatti, vuole andare oltre, propenso ad implementare l’idea di decentralizzazione a tutto il resto, non soltanto alle operazioni finanziarie.
In effetti era riuscito ad innaugurare il Web 3.0, la versione decentralizzata di Internet, i cui programmi avrebbero reso le persone ancora più autonome e sicure. Mediante Ethereum, un agricoltore potrebbe monetizzare un contratto di assicurazione che ha promesso di pagargli un certo importo qualora le condizioni climatiche avverse rivelassero impossibile il raccolto. Oppure, il conducente di un’autovettura a noleggio potrebbe connettersi con il suo smartphone e accendere il motore tramite un’applicazione, pagare la quota giornaliera e successivamente sbloccare o guidare la macchina una volta giunto a scadenza il contratto di noleggio.
Non solo. Le persone potrebbero incassare profitti e denaro affittando i propri dischi rigidi per un servizio di storage cloud decentralizzato come Dropbox, o affittare la propria abitazione senza utilizzare AirBnp o Booking oppure acquistare su Amazon in maniera decentralizzata. A fondamento di questa tecnologia ci sono gli “smart contract”, una tecnologia inesistente nel protocollo Bitcoin, che in quel momento si presentava come una semplice valuta. Ethereum, d’altra parte, si propone come una piattaforma che offre la possibilità a chiunque ne sia in grado di generare applicazioni decentralizzate che diano luogo ad aziende decentralizzate (DAO), persuase da un’idea di libertà e sicurezza.
La divisa digitale, seconda per capitalizzazione, cancella il problema del “trust”, della fiducia non soltanto in una transazione finanziaria ma in qualsivoglia attività dove due parti si trovino a cooperare, eliminando la componente dell’affidamento di una particolare società, persona o governo per mantenere sicure quantità enormi di denaro e dati. Vitalik Buterin è nato a Kolomna, in Russia, una antica città 100 chilometri a sud di Mosca. Il padre e la madre si trasferiscono a Toronto nel 1999, poco tempo prima che Vitalik compia sei anni. Vitalik si è sempre dimostrato un ragazzo speciale, così racconterà successivamente il papà: all’età di quattro anni si divertiva già con i computer e Excel. Suo padre, Dmitry Buterin, ricorda che il figlio Vitalik aveva scritto un articolato documento chiamato l’Enciclopedia dei Conigli ad appena sette anni. Il podre, informatico professionista, ha specificato che: “ di fondo si era inventato questo universo popolato dai conigli, ma governato da stringenti formule”*. Il babbo peraltro ha recentemente fondato un incubatore per startup blockchain chiamato Block-geeks Lab, aggiungendo che il figlio Buterin :“era pervaso dalla matematica, dai grafici e dai calcoli”.
A novembre del 2013 Buterin mette in pubblicazione il white paper di Ethereum e fonda un piccolo team appena qualche settimana dopo. Il team comprende Di Iorio, il co–founder di Bitcoin Magazine Mihai Alisie, Amrit Chetrit (con cui aveva lavorato in Israele ad un progetto Bitcoin definito ColoredCoins) e Charles Hoskinson, un matematico americano che ha lanciato l’iniziativa per rendere mainstream Bitcoin, chiamata Bitcoin Education Project. Anthony Di Iorio ha manifestato per primo un entusiasmo crescente per Bitcoin ed è stato uno dei più intraprendenti nei confronti di Ethereum.
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Ma oltre a lui si aggiungono presto tanti altri investitori interessati nel corso degli anni. A prima vista, racconterà Di Iorio, gli investitori non avrebbero mai affidato i loro soldi e la loro completa fiducia ad un ragazzo di soli diciannove anni, la cui esclusiva esperienza imprenditoriale consisteva nella direzione di una rivista della casa dei genitori. Vitalik Buterin, infatti, non poteva assolutamente equipararsi allo stereotipo del tipico uomo d’affari, semmai il giovane corrispondeva ad un teenager nerd con una immaginazione miliardaria.
Così la prospettiva di investire nel prossimo Steve Wozniak o Mark Zuckerberg era molto allettante. Durante una conferenza svoltasi di notte, Buterin parla di Ethereum e della sua idea di decentralizzazione globale, indossando una maglietta nera con il logo di Ethereum, parlando in modo molto appassionato. Ricevette una standing ovation e venne accolto da una moltitudine di persone che lo aspettarono all’uscita per parlargli e chiedergli delucidazioni maggiori. Il suo status di profeta è ormai pubblicamente acclarato. In seguito l’aumento dell’interesse sulla seconda criptovaluta portò Vitalik ad allargare il team inserendo Wood, Lubin e lo sviluppatore Jeff Wilcke.
Di Vincenzo Augello
*Fonti: Bitcoin: guida all’uso delle criptovalute e della tecnologia Blockchain (R. Caetano, Apogeo 2017)
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