Negli ultimi tempi stanno facendo notizia una serie di processi che vedono imputate persone che hanno spacciato via web sostanze stupefacenti regolando le transazioni in bitcoin; l’ultimo caso riguarda un cittadino statunitense, Christopher Bania, che ha patteggiato una condanna per spaccio ammettendo di aver venduto sostanze stupefacenti sul dark web. L’attività di Bania è stata scoperta dopo che le autorità doganali hanno intercettato due pacchi provenienti dal Belgio e contenenti MDMA; la successiva perquisizione presso la residenza del soggetto ha portato al ritrovamento di circa 50mila dollari in contanti e ingenti quantitativi di altre sostanze stupefacenti, soprattutto marijuana, mentre Bania nega ogni addebito per il ritrovamento di metanfetamine ed eroina che afferma fossero ad uso personale. Il tribunale del Wisconsin ha quindi provveduto a porre sotto sequestro anche il conto su local bitcoin del soggetto, sul quale sono stati rivenuti circa 17BTC per un valore, al cambio attuale, di circa 150mila dollari. Secondo quanto emerso in sede di indagine, però, l’imputato sarebbe in possesso di ben altri quantitativi, tra bitcoin e altre criptovalute si stima che siano riconducibili a Bania ben 124BTC (circa un milione di dollari); non si deve però fare l’errore di credere che tali quantità di denaro siano esemplificative del giro di spaccio dell’imputato, i cento e passa bitcoin accumulati potrebbero essere relativi a periodi in cui il valore di BTC era molto più basso di quello attuale per cui non significa che stiamo parlando di un grande narcotrafficante, probabilmente si tratta di un piccolo spacciatore che ha semplicemente avuto la fortuna di gestire la propria attività in BTC e che probabilmente ha iniziato a farlo quando le quotazioni della criptovaluta erano sensibilmente più basse di quelle attuali, arrivando a mettere insieme un capitale che, oggi, è diventato esorbitante. Nel corso delle perquisizioni sono comunque stati rinvenuti i quaderni sui quali Bania teneva traccia della contabilità dei suoi traffici illeciti, per cui con la sentenza, attesa per il prossimo 9 dicembre, si capirà effettivamente se siamo di fronte a un grande trafficante o a un piccolo spacciatore. Non è la prima volta, in ogni caso, che le autorità americane scoprono traffici di questo tipo, è noto infatti che buona parte dei traffici nel dark web vengano regolati in criptovaluta (non solo bitcoin), per cui nulla di nuovo sotto al sole. Questi casi sono spesso strumentalizzati dai media mainstream per avvallare la tesi secondo cui bitcoin sia la moneta del narcotraffico, in realtà solo una piccolissima parte dei volumi mossi ogni giorno sui diversi mercati è riconducibile a traffici illeciti e comunque, allo stato attuale delle cose, il grosso dei traffici illeciti internazionali viene ancora regolato in dollari (e spesso ancora oggi in contanti).
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