L’affermazione di Bitcoin nel settore dei pagamenti si contrappone ad un ridotto utilizzo della divisa digitale negli scambi commerciali in favore di attività finanziarie speculative e di accumulazione di ricchezza (eventuale). In effetti, le potenzialità della criptomoneta di svolgere la funzione di riserva di valore ha riflessi da non sottovalutare.
Come si è potuto osservare, sebbene il numero di transazioni sia in costante aumento, tale quantità risulta essere molto minore se confrontato alle transazioni eseguite giornalmente con le valute tradizionali. A ciò, peraltro, bisogna aggiungere tutte quelle micro – transazioni che in realtà dissimulano il reale numero di operazioni in criptovaluta. La ragione di questa carenza non è da ricercare nella quantità di coins in circolo ovvero nella “circulating supply”, ma nelle finalità dei suoi detentori.
Ripercussioni della speculazione per la moneta digitale
In concreto, la circostanza per cui una moneta continua ad apprezzarsi nel tempo rende la divisa crittografata meno idonea ad essere ceduta e scambiata, bensì soggetta ad una logica di accumulazione in vista di un incremento della ricchezza personale. E’ evidente che un tale scenario non sia auspicabile, principalmente per due ragioni. In condizioni normali, la politica monetaria ha la possibilità di favorire la crescita economica sia aumentando l’offerta di moneta in circolazione sia abbassando il costo del denaro.
Dalle iniziative delle Banche Centrali ne deriva che le imprese sono incentivate ad indebitarsi e quindi ad investire e, allo stesso tempo, diminuisce la propensione delle famiglie al risparmio, aumentandone l’attitudine al consumo. In questo modo, in una situazione dove gli individui preferiscono detenere moneta piuttosto che immetterla nel mercato, si agevola una spirale contrattiva dei consumi e degli investimenti, rallentando o impedendo la ripresa dell’economia reale.
Sul piano più prettamente tecnico ci imbarcheremmo in quel fenomeno comunemente noto come “trappola della liquidità”. Dunque, la moneta introdotta nel sistema che non viene spesa rappresenta una minaccia per la stabilità di un complesso economico. La moneta accumulata, invero, potrebbe essere di colpo reinserita nel sistema in blocco, causando iperinflazione ovvero un aumento scomposto dei prezzi.
La seconda ragione sottolinea il rischio di una situazione di concentrazione di ricchezza in mano a pochi che, oltre a stridere con la “democratizzazione finanziaria” del sistema economico, difesa dal “pensiero” sottostante a Bitcoin, può essere molto pericolosa, per il potere di condizionamento sugli utilizzatori, negli scambi o nei prestiti, da parte degli effettivi possessori di valuta digitale. Tra l’altro si deve tener conto che l’aumento della domanda di divisa digitale ha spinto il valore di Bitcoin ad apprezzarsi nel tempo, ma coloro che ne hanno tratto maggior guadagno sono stati i miner “storici” che in passato venivano ricompensati con quantità maggiori di Bitcoin.
Tale prospettiva di incremento di valore della cripto ha generato la tendenza ha conservarlo, rendendolo scarso nei confronti delle transazioni. Un quadro di accentramento di ricchezza di questo tipo è tutt’altro che allettante e l’affermazione a livello globale di Bitcoin, nato sotto una bandiera solidaristica e democratica, potrebbe essere messa in discussione. Una prima conclusione porta dunque a pensare che l’ elevata capacità di apprezzarsi della valuta virtuale può avere conseguenze deleterie su un’eventuale economia fondata esclusivamente su Bitcoin.
Analisti e programmatori, in futuro, dovranno probabilmente focalizzare l’attenzione su questi possibili scenari. D’altro canto, a livello finanziario, non vi è la certezza assoluta che Bitcoin possa preservare nel tempo il proprio valore di mercato, configurandosi come una riserva di valore affidabile. Sappiamo in verità che l’esponenziale volatilità del tasso di cambio marca la discrepanza con le monete fiat, risultando il limite più significativo all’affermazione futura di Bitcoin sul Pianeta, a causa soprattutto della mancanza di meccanismi di stabilizzazione delle quotazioni, come una regolazione adattiva e dunque dinamica dell’offerta di moneta.
Pertanto il valore di Bitcoin resta pericolosamente esposto a comportamenti speculativi esterni alla deontologia dei suoi sostenitori, atteggiamenti che sono anche di complicata lettura. Pesano peraltro le esternazioni del momento, come quella fatta in passato dalla banca d’affari Morgan Stanley, che ha sostenuto che la criptovaluta non potrà affermarsi né come forma di investimento né tantomeno come una valida moneta. Secondo l’istituto bancario, Bitcoin non potrebbe reggere il confronto con la praticità e la solidità oggigiorno garantita dalle carte di debito e di credito.
Conclusioni depositate in un report dalla banca nel 2017 che solo temporaneamente hanno rallentato la scalata del prezzo di Bitcoin prima di sfiorare i 20.000 dollari sul finire del medesimo anno. Ciò nonostante esistono scenari in cui la criptomoneta può rivestire un ruolo importante nell’immediato futuro.
Ci si riferisce a quei paesi in cui la valuta nazionale è debole o esposta a forti scosse inflazionistiche, come in Venezuela, oppure a paesi dove il sistema bancario non è ben strutturato come in alcuni stati africani. In Kenya, ad esempio, la maggior parte della popolazione non ha un conto corrente bancario ma possiede un telefono cellulare. Di conseguenza, laddove la moneta sia instabile o difetti un sistema bancario gli utenti potrebbero scegliere di scambiarsi criptomonete mediante i propri smartphone.
Di Vincenzo Augello
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