Il principale azionista di TIM si preparerebbe a rafforzare ulteriormente la propria presenza nel capitale dell’operatore telefonico. Secondo indiscrezioni di mercato, sarebbe in fase avanzata di valutazione l’acquisto di un’ulteriore quota azionaria che porterebbe Poste Italiane ben oltre la soglia attualmente detenuta del 24,8%.
Il pacchetto oggetto della potenziale transazione è attualmente nelle mani di Vivendi e rappresenta il 2,5% del capitale sociale. L’esborso necessario per completare l’operazione si attesterebbe intorno ai 200 milioni di euro, una cifra non particolarmente elevata ma strategicamente significativa per ridisegnare gli equilibri di controllo nella società.
Soglie critiche e strumenti normativi disponibili
L’acquisizione porterebbe la partecipazione complessiva della società postale al 27,31%, oltrepassando quindi la soglia del 25% che tradizionalmente attiva meccanismi di tutela per gli azionisti di minoranza. La situazione richiederebbe normalmente il lancio di un’offerta pubblica di acquisto rivolta a tutti gli azionisti.
Tuttavia, il quadro regolamentare italiano offre soluzioni per gestire situazioni transitorie di questo tipo. Il regolamento Emittenti prevede all’articolo 49 un’esenzione dall’obbligo di OPA per superamenti temporanei, purché la situazione venga riportata sotto la soglia critica entro dodici mesi. Una simile disposizione consentirebbe a Poste Italiane di procedere con l’acquisizione senza dover immediatamente lanciare un’offerta totalitaria sul mercato.
Riforme legislative all’orizzonte
Il sistema normativo che regola le operazioni straordinarie sui mercati finanziari italiani è attualmente oggetto di revisione parlamentare. Un decreto legislativo in discussione introdurrebbe modifiche sostanziali al Testo Unico della Finanza, tra cui spicca l’innalzamento delle soglie che fanno scattare gli obblighi più stringenti per gli acquirenti.
La proposta prevede di portare dal 25% al 30% il limite oltre il quale diventa obbligatorio lanciare un’OPA totalitaria. Si tratta di un cambiamento significativo che, se approvato, renderebbe più semplice per investitori strategici come Poste Italiane consolidare partecipazioni rilevanti senza dover ricorrere necessariamente a offerte pubbliche. Il timing dell’operazione su TIM appare quindi allineato con un contesto normativo potenzialmente favorevole.
L’incognita della conversione azionaria
Un elemento da non sottovalutare nell’analisi dell’operazione riguarda la particolare struttura del capitale di TIM. L’eventuale conversione delle azioni di risparmio in titoli ordinari rappresenta una variabile che potrebbe alterare i calcoli percentuali finali.
Le azioni di risparmio sono strumenti finanziari che possono essere convertiti in azioni ordinarie con pieni diritti di voto. Qualora questa conversione avvenisse, il numero totale di azioni aumenterebbe, determinando una diluizione proporzionale di tutte le partecipazioni esistenti. La quota effettiva di Poste Italiane dopo l’acquisizione potrebbe quindi risultare inferiore al 27,31% teorico, a seconda dell’evoluzione di questo aspetto tecnico della struttura societaria dell’operatore telefonico.
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