Blockchain e bitcoin sono la chiave per la trasparenza nel mondo delle donazioni e della beneficenza

Una delle applicazioni più interessanti della blockchain è quella relativa alla trasparenza e alla tracciabilità delle donazioni, l’applicazione di questa tecnologia al mondo della beneficenza è anche una di quelle che mostra di avere un impatto maggiore a livello sociale; questo tema è particolarmente sentito nel nostro paese dove i continui scandali che hanno coinvolto il mondo del terzo settore (il più recente è quello che ha coinvolto la Play Therapy Africa con il coinvolgimento di Alessandro Conticini e ripercussioni di un certo rilievo anche sul piano politico) hanno contribuito a creare un clima di sfiducia e disillusione che si traduce a conti fatti nella scarsa propensione a donare da parte degli italiani (mentre in compenso siamo molto attivi dal punto di vista del volontariato). Non è infatti un caso che dietro ad alcuni dei progetti blockchain in fase più avanzata dedicati al terzo settore ci siano proprio degli italiani, mentre nel resto del mondo il clima di fiducia nei confronti degli enti benefici non è ancora stato così compromesso come invece è accaduto in Italia. Nei prossimi paragrafi tenteremo quindi di capire come funzionano le blockchain pensate per favorire la trasparenza nel campo della beneficenza, quali sono i vantaggi che questa tecnologia offre al mondo del “terzo settore” e avremo modo di presentare, prima di tirare le conclusioni finali, quelle che sono le criptovalute più interessanti in questo campo tra quelle attualmente presenti sul mercato.

Beneficenza e criptovalute: come funzionano i progetti blockchain nel campo delle donazioni

Le donazioni che sfruttano la blockchain si basano sostanzialmente su due tipi di meccanismi differenti; mentre alcuni progetti non fanno altro che raccogliere le donazioni per poi convertirle in bitcoin ve ne sono degli altri che hanno sviluppato una criptovaluta nativa proprio a questo scopo. Le differenze tra i due diversi approcci non sono da poco, nel primo caso, infatti, c’è il tema delle commissioni di cambio che vanno inevitabilmente ad erodere la somma donata (a meno che non vengano sottoscritti degli accordi particolari che permettano di cambiare le varie criptovalute senza pagare alcuna commissione), nel secondo caso, invece, la possibilità di donare usando direttamente una criptovaluta nativa contribuisce a tenere bassi i costi di gestione del servizio a tutto vantaggio dei beneficiari. Ovviamente i vari progetti adottano approcci differenti quindi avremo modo di descrivere meglio gli aspetti prettamente funzionali di ogni progetto nel momento in cui andremo a descriverli uno per uno nei prossimi paragrafi, per adesso fermiamoci a questa prima distinzione, quella cioè tra i progetti che usano una criptovaluta nativa e quelli che si limitano a gestire le donazioni convertendole in bitcoin.

I vantaggi della beneficenza gestita attraverso blockchain

Il tema dei vantaggi offerti dalla tecnologia blockchain applicata al mondo della beneficenza è molto più grande di quanto si possa pensare; in questo paragrafo tenteremo di descrivere per punti ed in maniera schematica quali sono i principali benefici di questo sistema, posto che sicuramente qualcosa potrà anche sfuggirci dal momento che (come sempre accade quando parliamo di criptovalute) man mano che questi sistemi inizieranno a prendere piede inizieranno sicuramente ad emergere nuovi vantaggi che in questa fase può essere ancora difficile mettere a fuoco. Vediamo quindi senza ulteriori indugi quali sono i principali vantaggi della beneficenza gestita attraverso una blockchain

– Tracciabilità: è sicuramente il primo beneficio di questo nuovo sistema di gestire le donazioni, grazie alla blockchain è infatti possibile seguire ogni importo fino al beneficiario finale assicurandosi che l’organizzazione che sta gestendo l’attività benefica non stia in realtà lucrando invece che rispettare le promesse fatte

– Trasparenza: se immaginiamo un mondo dove gli enti benefici gestiscono interamente la loro attività attraverso una blockchain chi effettua le donazioni avrà anche modo di capire molto più facilmente come vengono spesi quei soldi; se un ente benefico, ad esempio, raccoglie 1mln di euro l’anno e ne spende il 75% per gli stipendi e il 15% per le campagne di raccolta fondi appare immediatamente chiaro a chiunque che c’è qualcosa che non va dal momento che poi per i progetti benefici non rimane che un misero 10% di quanto raccolto.

– Micropagamenti: sembrerà paradossale ma molte persone non effettuano donazioni perché non possono permettersi di dedicare alla beneficenza neanche una somma che può sembrare irrisoria come i classici 10€; è anche per questo che le donazioni con i famosi messaggi solidali (il singolo euro donato inviando un SMS a un determinato numero) riscuotono un così grande successo. Con le criptovalute è possibile però fare donazioni anche per importi infinitesimali (persino cifre ridicole come 0,10€), il che potrà sembrare poca roba ma se immaginiamo che 1mln di persone che donano dieci centesimi hanno comunque tirato su 100mila euro ecco che iniziamo a renderci conto meglio delle enormi potenzialità di questo sistema

– Visibilità: nel mondo delle donazioni si riesce a fare tanto di più quanto più si è visibili, se non si riesce ad avere l’attenzione dell’opinione pubblica inevitabilmente si riesce a raccogliere ben poco e se si raccoglie poco di buono si può fare altrettanto poco; una piattaforma che includa tutti gli enti benefici in un unico spazio è un valore aggiunto per tutte quelle organizzazioni benefiche che magari hanno le migliori intenzioni ma non riescono in alcun modo a catturare l’attenzione dei donatori

– Riduzione dei costi: le campagne di raccolta fondi inevitabilmente costano, se da un lato queste vengono spesso gestite attraverso il lavoro dei volontari (che è quindi offerto gratuitamente) è anche vero che a queste persone bisogna concedere almeno un rimborso spese. Faccio un esempio per intenderci, qualche giorno fa ero in giro nella mia città e sono stato fermato dai volontari di una nota organizzazione benefica, chiacchierando ho scoperto che le due ragazze che presidiavano il banchetto presso cui mi ero fermato arrivavano da una città che si trova a seicento chilometri dalla mia, per cui solo per lo spostamento dei volontari e per pagargli il pranzo (che mi sembra il minimo per delle persone che offrono gratuitamente il loro lavoro) quella raccolta fondi avrà certamente avuto dei costi. Anche la pubblicità che vediamo abitualmente su giornali e tv avrà certamente dei costi e se magari in alcuni casi possono esserci degli accordi tra editori e enti benefici che permettono di ottenere spazi pubblicitari gratuitamente credo che sia facilmente ipotizzabile come nella maggior parte dei casi tali spazi possano essere offerti con sconti più o meno importanti ma comunque a fronte di un pagamento. Avere delle piattaforme che raccolgono e censiscono gli enti benefici, quindi, oltre ad offrire un ritorno completamente gratuito in termini di visibilità (come abbiamo visto nel passaggio precedente) offre anche l’opportunità di gestire le campagne di raccolta fondi a costi se non addirittura nulli quanto meno irrisori rispetto al modello attuale

I progetti blockchain più interessanti dedicati al mondo della beneficenza

Come promesso in questo paragrafo vorrei provare a presentare e a descrivere alcuni progetti molto interessanti pensati su misura per le esigenze degli enti benefici e che stanno riscuotendo un grande interesse a livello internazionale per la loro attività; ovviamente non riuscirò a recensirli tutti se non altro perché, come facilmente si può immaginare, non solo ce ne sono già adesso un’infinità ma ogni mese ne nascono di nuovi. A seguire, quindi, proveremo a recensire solo quelli più noti e che stanno riscuotendo maggiore successo a livello nazionale e internazionale

– Helperbit: funziona su blockchain bitcoin e permette di effettuare donazioni usando sia i normali strumenti di pagamento che tutti possiedono (carte di credito, di debito, prepagate, etc) sia usando le maggiori criptovalute presenti sul mercato (una ventina circa tra cui ovviamente le principali come ltc, eth ed ovviamente btc); la piattaforma converte ogni donazione in bitcoin (o direttamente in valuta locale, a scelta del beneficiario) di modo da permettere al donatore di seguire tutto il percorso della propria donazione e anche le prove di spesa degli enti benefici vengono registrati sulla blockchain btc.

– Aidcoin: si tratta di un token sviluppato su blockchain ETH, in questo caso quindi non avviene alcuna conversione (e di conseguenza non ci sono commissioni di cambio da pagare); il sistema è integrato per funzionare con gli smart contract e i beneficiari gestiscono in maniera autonoma le loro donazioni decidendo come, quando e se convertire i loro aidcoin in altra valuta.

– Alice: progetto molto interessante a mio parere perché permette ai donatori di avere un controllo totale sui propri fondi; sviluppata su blockchain ETH grazie alla potenza degli smart contract i fondi vengono erogati solo al raggiungimento di determinati obiettivi. Facciamo un esempio per capirci meglio, supponiamo che io voglia costruire un rifugio per i senza tetto di una determinata città, quello che devo fare è avviare una raccolta fondi su Alice, quindi procedere alla costruzione del rifugio e solo a quel punto, presentate le prove del conseguimento di un dato obiettivo i fondi si sbloccano e vengono versati solo per la quota necessaria a coprire le spese; se quindi dovessi aver raccolto più del necessario i fondi versati in eccedenza tornano ai rispettivi donatori che potranno quindi decidere liberamente di dedicare quelle risorse a un altro progetto.

– Grace Token: funziona sostanzialmente come Alice ma con alcune differenze sostanziali; in questo caso, infatti, i fondi si sbloccano in diversi momenti durante il completamento del progetto e il donatore ha facoltà di ritirare le quote residue qualora dovesse ritenere che i suoi soldi non vengano spesi correttamente.

– Giveth: si pone obiettivi molto ambiziosi, questo progetto infatti punta alla creazione di quella che viene definita una DAC (Decentralized Altruistic Community), puntando cioè alla creazione di un modello capace non solo di mettere in contatto i donatori e i “realizzatori” ma attraverso il quale sia possibile trovare una governance decentralizzata comune che coinvolga entrambe le parti protagoniste della dinamica tipica dell’organizzazione benefica (per cui i donatori da un lato e i “realizzatori”, coloro cioè che gestiscono direttamente i fondi raccolti dall’altro)

Conclusioni

Anche se la blockchain rappresenta sicuramente un grosso passo in avanti per quanto riguarda il tema della trasparenza e della tracciabilità delle donazioni ad enti benefici questa rivoluzione ha appena iniziato a muovere i primi passi e ci sono ancora temi che (a mio parere) sono estremamente rilevanti e che andrebbero affrontati con serietà dal momento che costituiscono un limite alla diffusione di questo modello; come il lettore più attento avrà sicuramente avuto modo di sospettare, infatti, un grosso limite è oggi rappresentato dalla necessità di convertire le donazioni in valuta FIAT (o da valuta FIAT in bitcoin e poi nuovamente in valuta FIAT) con tutto ciò che ne consegue in termini di commissioni. Chi versa donazioni anche di piccolo importo a un’associazione benefica dubito seriamente abbia piacere nell’arricchire le piattaforme di cambio ed è francamente inaccettabile che si debba fare profitto su tutto, persino sulla “carità”. Perché questo modello sia pienamente funzionale e realmente rispettoso dei principi e delle istanze che promuove è necessario quindi garantire agli enti benefici la passibilità di cambiare le donazioni effettuate in criptovalute in qualunque valuta FIAT pagando commissioni non dico pari a zero ma comunque prossime allo zero. Vi è poi il tema della trasparenza dei bilanci, perchè se da un lato io posso anche accettare che la mia donazione di 10€ venga impiegata nel pagamento degli stipendi quello che avrei in realtà bisogno di capire è quanta parte dei fondi raccolti viene destinata a questa finalità; se un ente benefico raccoglie complessivamente un milione di euro l’anno è inaccettabile che il 75% del raccolto vada al pagamento degli stipendi, mentre tutto sommato se ne raccoglie solo 10mila di euro l’anno che il 75% venga destinato agli stipendi (soprattutto per enti molto giovani che stanno magari iniziando appena ora a strutturare la loro attività) risulta già molto più ragionevole.

E’ necessario quindi, in altre parole, che la trasparenza vada oltre quel che riguarda la raccolta fondi in se e si estenda anche ai bilanci degli enti stessi di modo che chi effettua donazioni abbia modo di verificarne l’attività a 360°, in qualsiasi momento, gratuitamente e in maniera semplice (il che pone anche un tema di leggibilità di quei bilanci). Con questo non intendo ovviamente demolire un modello che sta appena ora iniziando a svilupparsi e che mostra, come abbiamo avuto modo di capire in questo articolo, evidenti vantaggi sotto molteplici punti di vista ed in primis proprio in fatto di trasparenza e tracciabilità delle donazioni, tuttavia è importante evidenziare come ancora molto lavoro vada fatto per dare a tutti coloro che effettuano delle donazioni il controllo totale su quanto viene poi effettivamente realizzato grazie ai loro soldi. Sono comunque certo che tutto questo avverrà molto presto e che man mano che i vari progetti blockchain pensati per le esigenze del terzo settore avranno modo di crescere e svilupparsi quelli che oggi appaiono essere dei limiti tutt’altro che irrilevanti verranno rapidamente superati.

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