La CFTC, acronimo di Commodities Futures Trading Commission (in pratica l’equivalente della nostra consob) ha pubblicato oggi il suo secondo rapporto annuale sull’anno fiscale 2019; il documento evidenzia i successi dell’istituzione nel contrastare le condotte illecite sui mercati, che vanno dalla cattiva condotta, passando per la manipolazione dei mercati ed arrivano sino alle frodi vere e proprie. La CFTC ha avviato nel corso di quest’anno 69 azioni, con un aumento rispetto alla media dei cinque anni precedenti del 67,5%; per quanto riguarda i casi relativi comportamenti manipolativi e spoofing solo il 2018 ha avuto un numero di eventi di questo tipo superiore al 2019. Di tutti i casi presentati durante l’esercizio 2019 il 65% riguardava accuse di frode sulle materie prime, condotta manipolativa o spoofing, violazioni che colpiscono il cuore dell’integrità del mercato e danneggiano i partecipanti al mercato; questo significa che il maggior numero di condotte illecite negli USA ha riguardato i mercati regolamentati, un particolare che mina alle radici la narrazione mediatica che punta il dito contro il mercato delle criptovalute sostenendo che sia un mondo in cui l’incidenza di frodi e manipolazioni sia particolarmente alta.
Nel report, inoltre, la CTFC afferma di aver perseguito in maniera aggressiva le cattive condotte a riguardo degli asset digitali, che negli usa sono considerati commodity. Altro particolare che possiamo dedurre dalla lettura del report è che anche la vulgata secondo cui il mondo delle criptovalute sia fuori dai radar delle istituzioni di regolamentazione è palesemente falsa; se da un lato è senza dubbio vero che un’organismo come la CFTC non ha alcun controllo su una moneta decentralizzata come bitcoin è però anche vero che le autorità esercitano il loro controllo sulle aziende operanti nel settore. Exchange, processori di pagamento, aziende che emettono criptovalute, ICO o IEO e che hanno la loro sede legale in un determinato paese devono sottostare agli stessi obblighi di legge previsti in quel paese per qualunque altra azienda e non possono sfuggire in alcun modo a tali obblighi. Bisogna quindi iniziare a distinguere tra le criptovalute decentralizzate, sulle quali nessuno ha giurisdizione, che non fanno altro che offrire un’infrastruttura globale e le aziende che, con finalità differenti, utilizzano quell’infrastruttura per fare business.
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