Non è compito delle aziende che operano con le criptovalute prevenire il riciclaggio di denaro, a sostenerlo è John McAfee

Ci occupiamo di frequente di John McAfee, creatore dell’omonimo antivirus, sia perché è uno dei personaggi di maggior spicco nel mondo delle criptovalute, sia per le sue opinioni spesso contro corrente ed eccessive; è proprio questo il caso delle ultime dichiarazioni, rilasciate nel corso di un’intervista con l’agenzia di stampa The Hill un paio di giorni fa, che si discostano nettamente dalle affermazioni, normalmente molto diplomatiche e formali, di tutti gli altri esponenti di rilievo dell’industria blockchain. John McAfee, infatti, ha dichiarato che non è responsabilità delle aziende fintech prevenire i reati perpetrati per mezzo delle criptovalute e ne si può pretendere un impegno regolamentato per legge perché aiutino le autorità a contrastare questo tipo di crimini. E’ sinceramente difficile dare torto a McAfee quando afferma che:

Liberare le persone dall’eccessiva invadenza di un governo sovraccarico e corrotto è più importante che contrastare quale piccola parte di criminalità che si avvale di questa tecnologia per commettere reati; non puoi pretendere che io mi assuma questa responsabilità come imprenditore. Non puoi chiedermi di aiutarti a prevenire quello che potrebbe essere un crimine futuro”

Mentre McAfee non ha alcun problema a sostenere una tesi che, più o meno esplicitamente, nella comunità degli appassionati di criptovalute condividiamo quasi tutti nel mondo dell’industria blockchain, le aziende si stanno in realtà impegnando ad assecondare le richieste dei governi fornendo supporto nel contrasto a fenomeni come il riciclaggio di denaro, cosa che, però, inevitabilmente finisce per minare il diritto alla privacy delle transazioni di tutte le persone oneste, che sono la maggioranza, che usano abitualmente le criptovalute. Intendiamoci, a nessuno piace l’idea di dare vita a un’infrastruttura che si riveli utile a terroristi, grandi evasori internazionali e mafie, tuttavia va anche detto che l’attuale quadro normativo si è già rivelato largamente inefficace nel contrastare questi fenomeni per cui i governi dovrebbero sfruttare l’opportunità rappresentata dall’ascesa delle criptovalute per elaborare nuove e più efficaci strategie di contrasto invece che ostinarsi a difendere l’esistente pretendendo che lo stesso quadro normativo che regola l’attività bancaria venga esteso anche alle aziende blockchain. Vero è che il monitoraggio dei flussi di capitale rimane il metodo più facile ed immediato per portare alla luce fenomeni criminosi e criminogeni, altrettanto vero però che questo tipo di strategia fino ad oggi ha prodotto scarsi risultati; se pensiamo a fenomeni come il traffico di droga, ad esempio, appare chiaro che il modo migliore di contrastarlo è di legalizzare vendita e consumo, se pensiamo all’evasione appare chiaro che il modo migliore di contrastarla è di usare adeguatamente le banche dati e potremmo continuare di questo passo ancora molto a lungo. Non c’è alcun bisogno, per fare un esempio su un tema attualmente molto in voga nel nostro paese, di accedere ai conti dei cittadini per scoprire i grandi evasori, basterebbe partire dal presupposto che persone che dichiarano poco o nulla al fisco non possono essere proprietari di un immobile, o di una barca, o di un’auto di lusso; allo stesso tempo una persona che dichiara redditi netti per 1000€ al mese difficilmente potrà mai permettersi una vacanza alle Maldive, o un biglietto d’aereo per gli usa in prima classe. Insomma, prima di ledere la privacy dei cittadini bisognerebbe preoccuparsi di mettere in campo tutte quelle strategie di contrasto che possono lecitamente essere usate per contrastare determinati fenomeni senza con questo traghettare la nostra società verso un controllo di massa orwelliano. Ancora una volta, quindi, McAfee potrà apparire politicamente scorretto, ma è quasi impossibile dire, in tutta onestà, che quanto afferma sia sbagliato.

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