Criptovalute: la Corea del Nord sta lavorando alla creazione di una propria CBDC

Un rapporto pubblicato da Vice News nella giornata di ieri riporta che la Corea del Nord avrebbe iniziato i lavori per dotarsi di una propria criptovaluta; Alejandro Cao de Benos, il funzionario che si occupa di rilasciare i permessi per le conferenze crittografiche in Corea del Nord, ha affermato che la CBDC nordcoreana sarà abbastanza simile a Bitcoin ed ha specificato che il paese è ancora nelle primissime fasi della creazione del token, per cui non siamo nell’imminenza di un lancio ma qualcosa ha iniziato a muoversi anche in quel di Pyongyang. Sempre stando a quanto sostenuto da Vice News il progetto sarebbe teso a permettere alla Corea del Nord di svincolarsi dalle sanzioni imposte dagli USA in un sistema finanziario che è sostanzialmente dominato dagli Stati Uniti; per capire quanto questo sia vero basterà ricordare il caso Assange, che si è visto bloccare tutti i canali di pagamento (banche, carte, persino paypal) dando così amplia dimostrazione di quanto l’influenza statunitense sull’infrastruttura di pagamenti globale sia pervasiva. Indipendentemente da come la si voglia vedere, che si stia dalla parte di Assange o no, che si pensi che la Corea del Nord abbia diritto di non essere emarginata a livello globale o si sostengano le politiche sanzionatorie, appare assolutamente chiaro a qualunque persona in buona fede che il fatto che ci sia un governo capace di esercitare tutta questa influenza sulla finanza globale è tutto tranne che sano. Al netto della litigiosità che ancora si registra tra i due paesi, con gli USA che denunciano continui attacchi hacker da parte della Corea del Nord e quest’ultima che bolla senza mezzi termini come diffamatorie le continue accuse che le piovono addosso dagli Stati Uniti, appare ormai non più sostenibile che un solo paese possa fare il bello e il cattivo tempo sui mercati internazionali, definendo i bravi e i cattivi come se fossimo all’asilo e arrivando persino a stabilire unilateralmente sanzioni a scapito dei paesi che non reputa amici. Tanto la Corea del Nord quanto gli altri paesi colpiti dalle sanzioni statunitensi, quindi, hanno il pieno diritto di tentare di svincolarsi dall’emarginazione in cui vengono costretti dalle politiche USA e non è un caso che quasi tutti stiano tentando di farlo attraverso l’emissione di una CBDC; è sintomatico, infatti, che tutti i paesi che si ritrovano ai ferri corti con gli USA stiano lavorando all’emissione di una propria criptovaluta, a partire dal Venezuela (che con Petro è stato il primo ad intraprendere questa strada) e passando da Cuba, fino ad arrivare alla Cina, alla Corea del Nord e alla Russia. Più dure sono le sanzioni, per concludere, più forte l’emarginazione internazionale e più importanti sono gli sforzi dei paesi coinvolti nello sviluppare una propria CBDC; questo, chiaramente, non è un caso ma è la dimostrazione, come sosteniamo da tempo, che quello delle criptovalute è un tema che afferisce solo marginalmente al mondo della finanza ed ha invece ripercussioni molto più importanti per quel che riguarda gli equilibri geopolitici a livello globale.

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