Criptovalute: gli USA spingono per far ricadere la regolamentazione all’interno del Bank Secrecy Act

Oramai ci abbiamo fatto il callo, sono anni che gli USA, periodicamente, si fanno prendere dalla fregola normativa e rivendicano la necessità di regolamentare le criptovalute al pari del settore bancario; passa il tempo e stiamo ancora qui, a dire e a sentir dire sempre le stesse cose, come in certi film in cui il protagonista rivive sempre lo stesso giorno, e ancora, e ancora. La notizia è freschissima, di giornata, la Financial Integrity Network (una società di consulenza con sede a Washington) ha sollecitato il Congresso degli Stati Uniti a regolare le aziende nel settore delle criptovalute ai sensi del Bank Secrecy Act; ora, se seguite la politica americana avete già compreso che si tratta di un’azione di lobbying avanzata dal mondo bancario nel tentativo di arginare l’ascesa del comparto fintech. Il vice presidente della società di consulenza, David Murray, ha dichiarato di rendersi perfettamente conto che un giro di vite normativo ostacolerebbe la crescita del mercato, rendendo persino impossibili determinate applicazioni, ma chiaramente questo è un sacrificio che deve essere fatto volentieri a fronte di tutta la sicurezza e la stabilità che se ne ricaverebbe; che bravo questo Murray, penso che appena finirò di scrivere questo articolo avvierò una petizione su change.org per candidarlo al nobel per la pace. Al netto degli scherzi chiunque con un minimo di cervello dovrebbe domandarsi con quale credibilità il mondo bancario e finanziario, che fin qui ha combinato solo una caterva di guai, dovrebbe avere voce in capitolo sulla regolamentazione di un settore industriale concorrente; banche e aziende blockchain sono due mondi in concorrenza aperta tra loro, mentre però le aziende del fintech tentano di giocarsi la partita sulla qualità dei servizi erogati il mondo della finanza classica tenta di ostacolarne l’attività sul piano normativo. E’ come, per intenderci, se io per vincere lo scudetto tentassi di dare vita a una squadra molto forte mentre il mio concorrente si preoccupa di corrompere l’arbitro; è una strategia che la storia ci ha dimostrato essere molto valida ma che difficilmente una persona sana di mente potrebbe tollerare. Per altro, e i fatti lo dimostrano, andrebbe rafforzato e reso più rigido il quadro normativo che regolamenta l’attività bancaria e finanziaria, visto che gli scandali che coinvolgono questo mondo si susseguono senza soluzione di continuità da decenni; la cosa, però, non sembra costituire un grande problema, probabilmente a causa della connivenza che lega il potere politico a quello economico e all’informazione stessa, che infatti continua largamente a fare terrorismo sulla tecnologia blockchain. Insomma, mentre il mondo fatica a riprendersi dalla crisi del 2008 e sembra pronto a scivolare in una nuova grande recessione appare quanto meno curioso che i governi pongano come prioritaria la necessità di normare un settore industriale che invece è nato proprio per evitare che le banche potessero continuare a recare danno indisturbate; arriva persino ad apparire intollerabile tutto questo alla luce del fatto che, dimostrando una spacconeria sconfinata, quelle stesse banche, chiamate a dar conto di tutti i guai combinati negli ultimi anni dalla commissione del senato USA, abbiano dichiarato sghignazzando, come fatto dal CEO di JP Morgan, che il governo può tranquillamente multarle tanto sono pieni di soldi e non gli fa ne caldo ne freddo. Evidentemente, però, al governo USA non dispiace essere messo in ridicolo di fronte al mondo dalle proprie stesse banche per cui, come si suol dire, contenti loro, contenti tutti.

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