Criptovalute: al via una task force tra i paesi del G7 per definire una regolamentazione

Il governo francese, come noto, è uno di quelli che mostrano maggiore chiusura nei confronti di bitcoin e delle criptovalute in generale; negli ultimi tempi, non a caso, si sono susseguite numerose dichiarazioni da parte di persone con ruoli apicali a livello governativo che concordano tutte sulla necessità di introdurre una regolamentazione rigida delle criptovalute in Francia. L’ultimo caso appena qualche giorno fa, con l’intervento del ministro delle finanze francese a seguito della diffusione del white paper di libra, cosa di cui i cugini d’oltralpe, almeno a livello governativo, sembrerebbero aver voluto fare volentieri a meno. Non stupisce quindi più di tanto apprendere, proprio nella giornata di oggi, dell’avvio di una task force tra i paesi del G7 che si porrà come obiettivo porre un quadro normativo comune per regolamentare il mercato; a riportarlo è reuters che conferma che la task force sarà guidata da Benoit Coeure, già membro del consiglio della BCE. Online sono in tanti a sostenere che tutto questo sia nato proprio sotto impulso dei francesi, nonostante il governatore della banca centrale francese, Francois Villeroy de Galhau, abbia tenuto a placare le acque affermando che non è nell’interesse della Francia bloccare l’innovazione, ma che è nell’interesse di tutti regolamentare il mercato con fermezza. La sensazione, inevitabilmente, è che l’annuncio di martedì scorso fatto da facebook abbia scosso diversi paesi nel mondo, fornendo il giusto stimolo perché si decidessero a prendere di petto la situazione e fornire un quadro normativo chiaro all’industria blockchain; resta un problema di fondo, che è impossibile evitare, e cioè che un conto è regolamentare l’attività di aziende (o di consorzi di aziende, come nel caso di libra) che decidono di emettere dei token o delle criptovalute, ben altra cosa invece introdurre un quadro normativo per le monete decentralizzate che, come bitcoin, non appartengono a nessuno e per le quali, di conseguenza, non esiste nessuno che possa assumersene la responsabilità. Non si può poi nemmeno lontanamente pensare di equiparare l’attività di una blockchain privata (come sarebbe appunto libra) con quella di una pubblica (come nel caso di bitcoin); se quindi da un lato è comunque comprensibile, ma resta da vedere quanto auspicabile, che i governi possano voler regolamentare rigidamente il mondo delle aziende che operano con token e criptovalute, non si capisce cosa mai possano sperare di ottenere regolamentando una moneta come bitcoin. L’unica cosa che un governo potrebbe fare al fine di regolamentare bitcoin sarebbe vietarne il possesso, e comunque questo probabilmente non basterebbe a fermarne la diffusione; dobbiamo in ogni caso renderci conto del fatto che prima o poi, inevitabilmente, una regolamentazione comune, a livello internazionale, arriverà (cosa per la quale saranno comunque necessari ancora diversi anni), ma questo non basta a far passare quel senso di inquietudine dovuto al pensiero che a scrivere le regole possano essere persone che hanno già dato ampie dimostrazioni di non comprendere affatto questo tipo di tecnologia.

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