La Russia ha accettato di gestire gli scambi commerciali col Venezuela usando il Petro

Prima di entrare nel merito della notizia, che è rilevante sono molteplici punti di vista, è necessario fare un riepilogo della situazione che non necessariamente tutti i nostri lettori conoscono. Per prima cosa, quindi, è necessario sapere che il Venezuela da qualche anno è precipitato in una profonda crisi economica che ha provocato un’inflazione mostruosa, che ha praticamente ridotto la valuta FIAT del paese a carta straccia; tale inflazione è il risultato di un duplice problema, da un lato l’incapacità del governo venezuelano di svincolare l’economia del paese dal petrolio (il Venezuela ha una mono-economia che si fonda interamente sul greggio), dall’altro l’aggressione imperialista degli USA a colpi di speculazione finanziaria. Queste due cose hanno fatto si che il bolivar (la valuta FIAT venezuelana) arrivasse a perdere completamente il suo valore, tanto che circolano online foto delle piazze venezuelane in cui le banconote sono usate per realizzare origami. A tenere a galla i cittadini venezuelani sono state le criptovalute, dash e bitcoin soprattutto, che hanno da tempo interamente soppiantato quella che era la valuta fiat ufficiale; il governo venezuelano, alle prese coi tentativi di golpe dell’autoproclamato presidente Guaidò (sostenuto dagli usa), ha visto proprio nelle criptovalute una possibile via d’uscita alla situazione e qualche anno fa ha lanciato Petro, una cripto il cui valore dovrebbe essere sostenuto dalla produzione di greggio nel paese. Tale valuta non ha mai sfondato, non è in quotazione presso nessun exchange, gli stessi cittadini venezuelani si rifiutano di utilizzarla, preferendo ricorrere a dash e bitcoin; la situazione però si è mossa proprio in questi giorni. La Russia, infatti, alleato storico di Caracas, non poteva restare a guardare mentre gli USA mettevano in ginocchio un paese con cui intrattiene solidissime relazioni internazionali ormai da decenni, soprattutto dopo che l’imperialismo internazionale ha praticamente raso al suolo la Siria (altro paese che in passato proprio insieme a Venezuela e Iran rappresentava insieme coi Russi l’asse anti statunitense per eccellenza); il cremlino ha quindi deciso di fare la sua mossa e con un recente comunicato stampa ha confermato che accetterà il Petro come valuta nel commercio col Venezuela. Questo sul piano geopolitico ha una rilevanza enorme, perché il Venezuela subisce oggi sanzioni internazionali (decise come al solito in maniera sostanzialmente unilaterale dagli USA) e gli accordi tra Cremlino e Caracas sono li a certificare che l’egemonia statunitense è ormai incrinata, che il ruolo degli USA a livello geopolitico può e deve essere ridiscusso, e che le sanzioni imposte dagli americani contano quanto il due di coppe con la briscola a bastoni. Una mossa che comunque i russi non potevano rimandare più di tanto, anche perché la situazione in Venezuela va facendosi sempre più insostenibile e se si vuole evitare che il tentativo di golpe, ad oggi parso più una buffonata che un tentativo concreto, possa avere esiti positivi in futuro era indispensabile che Mosca corresse in aiuto di uno dei suoi principali alleati nel continente sudamericano. Più che altro la sensazione è che i russi abbiano fatto di tutto per evitare di dover arrivare a fare una mossa del genere, cercando una via diplomatica al problema venezuelano che però non sembra avere alcuno spazio; di conseguenza la notizia che Mosca e Caracas sono pronte a riprendere il commercio bilaterale scambiando rubli con petro ha una portata enorme prima di tutto a livello geopolitico, oltre che certificare l’importanza delle criptovalute sotto ogni punto di vista, non solo quindi quello economico-finanziario ma anche, e forse soprattutto, sul piano prettamente politico e degli equilibri internazionali.

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