Teoria economica e finanza comportamentale

La finanza comportamentale appartiene ad un settore specifico dell’economia e degli studi ad essa connessi, che approfondisce aspetti psicologici e sociali dell’atteggiamento assunto dagli investitori. Si tratta di un campo abbastanza nuovo che cerca di legare la teoria psicologica con l’economia e la finanza convenzionale per spiegare i motivi per cui le persone prendono determinate decisioni in ambito economico e finanziario. Sotto l’occhio del mirino di questa branca sono soprattutto le decisioni finanziarie irrazionali, in genere non giustificabili con le teorie classiche.

La teoria economica e il comportamento della finanza

Di fatto secondo i riferimenti della finanza convenzionale, il mondo economico è costituito per la sua maggior parte da “catalizzatori di ricchezza” potenziale, razionali. Ciononostante in molte situazioni l’emotività e la psicologia prevalgono e condizionano le nostre decisioni facendoci comportare in maniera imprevedibile ed illogica. Sull’argomento in effetti sono stati scritti molti libri e nel corso di questa esposizione ne indicherò titolo ed autore in modo da poter suggerire un eventuale approfondimento sull’argomento.

Tornando alla finanza comportamentale essa studia il modo di agire degli operatori finanziari mediante i riferimenti della psicologia e tenta di dedurre i motivi delle decisioni. In buona sostanza ogni trader agisce sul mercato in funzione di processi psicologici che lo portano a scegliere per una posizione al posto di un’altra. Pertanto il modus operandi dei traders è alla base della comprensione e delle finalità della finanza comportamentale. Tra i primi a scrivere sull’argomento c’è Adam Smith con la “Teoria dei sentimenti morali”, dove descrisse i principi psicologici che fondano le scelte degli individui.

Perlopiù gli economisti presero le distanza dalle conclusioni del libro pensando che queste non fossero valide per l’economia classica. Gli analisti tradizionali  infatti erano convinti che nelle questioni economiche e finanziarie il pensiero umano fosse guidato dalla sola razionalità. Nacque così una delle teorie classiche dell’economia che poneva al centro il cosiddetto homo economicus, per cui l’investitore era visto come un soggetto capace di mettere da parte tutte le emozioni ed i sentimenti quando operava, facendo emergere il solo aspetto razionale. Peraltro nello stesso tempo Vilfredo Pareto mette in dubbio tali conclusioni essendo convinto che difficilmente l’uomo riesce ad operare con la sola razionalità.

Gli studi sulla finanza comportamentale dopo essere stati accantonati vengono ripresi attorno il XX secolo. In questo periodo infatti tornò in voga a causa delle numerose anomalie che si erano verificate sul mercato finanziario. Gli psicologi inoltre iniziarono a confrontare le dinamiche psicologiche di un soggetto in una fase di crisi con il comportamento degli economisti. Si giunge così al 1979 anno in cui viene pubblicato il testo Prospect Theory: Decision Making Under Risk, dove le tecniche di psicologia cognitiva erano relazionate ad una serie di eventi anomali avvenuti sui mercati finanziari. D’ora in poi le analisi di finanza comportamentale saranno approfondite e rivalutate. Tra l’altro nel 2002 venne assegnato il Premio Nobel per l’economia a Daniel Kahneman proprio per aver promosso le teorie della psicologia applicate alla scienza economica.

Di conseguenza il suo testo Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, sul quale ha anche lavorato Amos Tversky è diventato un riferimento basilare della materia. Sul piano concreto all’inizio i processi psicologici dei traders vennero studiati mediante l’attribuzione di test e sondaggi, che cercavano di intuire il modo di ragionare degli investitori. In seguito prese piede la risonanza magnetica funzionale, una tecnologia mediante la quale è possibile visualizzare quelle aree del cervello che vengono sollecitate a seguito di input specifici inviati. Importante anche il contributo dato a questa materia da Hersh Shefrin il quale differenziò all’interno della finanza comportamentale tre temi particolari.

L’ euristica: secondo la quale gli individui assumono decisioni in base a regole empiriche approssimative, che ogni soggetto rielabora in funzione della propria esperienza.

L’ inquadramento: secondo cui è la modalità di presentazione di un problema ad un individuo che ne condiziona le decisioni.

L’ inefficienza di mercato: per cui talune reazioni del mercato non sono inquadrabili all’interno di spiegazioni razionali e di teorie economiche.

Non solo. La teoria comportamentale tira in ballo quel fenomeno in base al quale le reazioni di un trader ad un determinato stimolo possono condurre all’effetto gregge. Invero determinati individui senza che ci sia il coordinamento di un soggetto specifico si comportano tutti alla stessa maniera. Ciò di fatto avviene anche sui mercati finanziari, generando variazioni importanti dal lato della domanda e dell’offerta.

Categoria sottostante all’effetto gregge  è l’angoscia della perdita, ovvero la paura che conduce le persone a comportarsi tutte allo stesso modo. Sull’argomento non pochi analisti stanno attualmente lavorando per cercare di capire quelle che sembrano le reazioni del mercato prive di un apparente motivo o spiegazione logica.

Tuttavia la finanza comportamentale è sempre stata oggetto di critiche da parte di analisti che invece promuovono e portano avanti la teoria dell’efficienza del mercato, considerando l’aspetto comportamentale come un inquadramento di atteggiamenti anomali e non un vero e proprio studio con delle analisi approfondite e verificate. Resta il fatto però che dal trading e dall’economia moderna non possono eludersi tutti quei fattori endogeni che nascono dalla psiche individuale dell’operatore economico-finanziario.

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